RIESE terra di Pio X

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La vita di Pio X

“Il più grande riformatore della Chiesa dal tempo del Concilio di Trento”

“Un Papa innovatore e conservatore al tempo stesso”: sono questi i giudizi degli storici della chiesa su San Pio X, fino alle canonizzazioni di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII ultimo pontefice ad essere stato proclamato santo dopo un intervallo di secoli. La figura di Pio X – al secolo Giuseppe Sarto – presenta molti caratteri originali: uno dei pochi papi ad avere fatto il parroco – sicuramente negli ultimi due secoli – ed aver percorso tutte le tappe della carriera ecclesiastica (da cappellano fino alla elezione a sommo pontefice - seppe unire una profonda esperienza pastorale ad uno spirito di trasformazione della Chiesa nell'affrontare il non facile periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento fino al concilio Vaticano II.

Nacque a Riese, in provincia di Treviso, il 2 giugno 1835, primo dei dieci figli di Giovan Battista Sarto e Margherita Sanson: una famiglia del popolo (anche questa una particolarità) povera ma non misera (almeno nei primi tempi). Dimostrò subito una spiccata intelligenza che gli fece percorrere con successo la formazione scolastica primaria ed emergere l'opportunità che proseguisse gli studi. La sua vocazione al sacerdozio maturò in famiglia, ma dovette fare i conti con la scarsità di risorse economiche che gli avrebbe precluso l'iscrizione al seminario. Intervenne – e si può parlare di dono della Provvidenza – il patriarca di Venezia, Jacopo Monico, anche lui riesino (a cui avevano segnalato le spiccate doti del giovane Bepi, come tutti lo chiamavano in casa e come lo chiameranno i familiari anche da Papa), che mise a disposizione una borsa di studio presso il seminario di Padova. Anche qui, nel percorso durato otto anni, seppe distinguersi per rendimento scolastico (fu quasi sempre il primo del suo corso) e per comportamento: Tuttavia un episodio triste segnò quegli anni: la precoce morte del papà, che comportò per la famiglia la caduta nell'indigenza. Trovò nella mamma Margherita la principale sostenitrice nel continuare il cammino verso il sacerdozio, nonostante gravasse su di lui il compito di capo famiglia: e per anni Giuseppe Sarto dovette trovare la modalità per mantenere mamma e fratelli, cosa che riuscì a fare, con rinunce e difficoltà, ma senza mai tirarsi indietro quando si trattava di aiutare persone bisognose. Venne consacrato sacerdote il 18 settembre 1858 dal Beato Antonio Farina, vescovo di Treviso, nel duomo di Castelfranco Veneto. Il primo incarico non fu dei più ambiti: cappellano a Tombolo, in provincia di Padova ma ai confini della diocesi di Treviso, paese di mediatori. Qui trovò come parroco don Antonio Costantini che in don Giuseppe Sarto trovò un validissimo coadiutore soprattutto negli anni in cui dovette affrontare una lunga malattia. “Se qualcosa io sono lo devo tutto a don Costantini” ebbe a dire il cardinale Sarto, sottolineando l'importanza di questa esperienza, a cavallo con l'annessione del Veneto al Regno d'Italia. Dopo nove anni (curiosamente ogni “scatto di carriera” avviene per Sarto con questo intervallo) venne scelto per guidare la questa volta ambita parrocchia di Salzano, nel Veneziano. L'arrivo di un cappellano da Tombolo, poco conosciuto in diocesi, all'inizio fece storcere un po' il naso ad una comunità abituata a sacerdoti di chiara fama e cultura. Ma presto dovettero ricredersi: come arciprete non solo si fece amare da tutti anche per il suo impegni in circostanze calamitose (come l'epidemia del mortale colera) e per la sua carità (“xe rivà co la veste sbrisa, xe partio senza camisa – è arrivato con la veste lacera, è ripartito senza la camicia) ma anche per il suo profondo coinvolgimento nella vita civile: qui fu anche direttore didattico e presidente del locale ospedale civile. E qui cominciò a redarre l'opera per cui è conosciuto in tutto il mondo, quel Catechismo sulle cui domande e risposte si formarono generazioni di cattolici, uno strumento formidabile per l'istruzione della gente semplice.

L'esperienza salzanese rese evidenti le sue capacità: nel 1875 divenne canonico della cattedrale della diocesi e cancelliere vescovile, di fatto il “notaio” della diocesi: qui mise in luce la sua preparazione circa il diritto canonico come seppe muoversi con tatto nei rapporti con l'autorità civile, evitando quelle contrapposizioni che caratterizzavano i rapporti tra Chiesa e Stato in Italia. Divenne poi anche vicario generale capitolare. Servì tre vescovi: con il primo, mons.Zinelli, ebbe un rapporto filiale nel vero senso della parola, arrivando durante la sua malattia a reggere di fatto la diocesi; con il secondo, Giuseppe Callegari, instaurò un rapporto di amicizia e collaborazione che si prolungò nel tempo; con il terzo, mons. Apollonio, arrivò la promozione a vescovo di Mantova nel 1884. Era una diocesi ormai alla deriva, tanto che Leone XIII considerò Sarto l'ultima carta da giocare prima di prendere seri provvedimenti. Se a Tombolo imparò a fare il parroco, a Treviso imparò a fare il vescovo e a Mantova confermò nuovamente le sue capacità: fece rinascere la diocesi, riaprì il seminario, prestò grande attenzione alla promozione sociale. Furono anche gli anni in cui iniziò ad essere protagonista di quel movimento cattolico da cui fiorirono molte opere anche nell'ambito economico. I risultati ottenuti portarono il papa a sceglierlo nel 1893 per essere il patriarca di Venezia: tornava dunque nel suo Veneto, ma accettò questa nomina solo per spirito di obbedienza. Venne creato prima cardinale in riconoscimento dei suoi meriti mantovani e poi eletto patriarca. Un patriarca indubbiamente “rivoluzionario”: affrontò con determinazione le difficoltà creategli per entrare in diocesi (il caso Sarto bloccò per anni l'insediamento di tanti vescovi in Italia) , e una volta preso possesso della cattedra di San Marco fu indubbiamente uno dei protagonisti della rinascita della città sotto moltissimi aspetti. Va ricordato che proprio a Venezia i cattolici tornarono a fare politica attiva e la lungimiranza di Sarto creò le basi per una amministrazione moderata, a cui parteciparono anche i liberali, che governò la città per decenni. Nel 1903 cadevano gli ormai classici nove anni che chiamavano Sarto ad una nuova missione: “quest'anno o muoio o divento papa” confidò ad una sorella, pensando con tremore più alla seconda che alla prima ipotesi. Quando mori Leone XIII, uno dei papi più longevi della storia, il suo nome non era tra i papabili. Parte salutando i veneziani con la celebre frase: vivo o morto tornerò. Il cardinale più quotato per la successione tra il segretario di Stato Rampolla, la cui posizione filofrancese non era gradita all'imperatore d'Austria. Ma anche una fetta importante dei cardinali preferiva un'altra scelta, più spirituale. Non è vero che la situazione si sblocca quando in conclave viene pronunciato il veto austriaco su Rampolla: nel frattempo i voti per Sarto avevano cominciato a crescere sempre di più e lo faranno dopo il veto. Il primo a sorprendersi è proprio lui che con forza chiede ai cardinali di non continuare su questa strada. Sono ore difficili per lui che alla fine dovrà accettare l'elezione che supera di molto il quorum necessario. E' il 4 agosto 1903. Descrivere in poche righe questo pontificato che durerà fino al 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, è alquanto arduo: del resto lo stesso Pio XII nel 1951 mise in guardia: “Un pontefice di tale elevatezza difficilmente troverà lo storico che sappia abbracciare tutta insieme la sua figura e i suoi molteplici aspetti”. Molto sommariamente possiamo dire che affrancò definitivamente la Chiesa dal potere temporale, eliminando per sempre quel veto che ne limitava la libertà nello scegliere la sua guida, ovvero il papa. E questo a pochi giorni dalla sua elezione. Iniziò subito quella che fu una grande riforma della Curia Romana e quindi del governo della chiesa: in primis avviando la codificazione del diritto canonico, cosa mai avvenuta prima: ci vorranno vent'anni di lavoro. Poi fissa le nuove norme per il conclave, in gran parte ancora vigenti, riorganizza le congregazioni vaticane (in pratica i “ministeri” ), obbliga i vescovi ad aver sede nella propria diocesi e a tenere regolari visite pastorali, pretende che i sacerdoti siano formati nei seminari. Con il messaggio Haerent Animo per il suo 50. di ordinazione sacerdotale traccia quella che sarà la missione dei preti negli anni a venire. Per Roma sarà un vero vescovo. Affronta con determinazione il problema del modernismo, preoccupato di salvaguardare il depositum fidei che gli è stato affidato e che talune teorie non provochino scandalo nei fedeli. Ma sarà anche il papa che favorisce gli studi biblici e un'attenzione verso la scienza. Inaugura un nuovo modo di fare il papa, vicino alla gente: nascono con lui le udienze pubbliche in Vaticano, sopporta (fino a quando non riesce ad abolirli) i rigidi cerimoniali che lo riguardano anche nella sfera privata. Sotto l'aspetto religioso, bastino tre citazioni: il catechismo, la musica sacra, la comunione ai bambini. Il suo catechismo in breve tempo si afferma in tutto il mondo per la sua facilità, la sua semplicità e la sua chiarezza. Riformò la musica sacra non soltanto facendo riscoprire il canto gregoriano, ma perchè questa fosse parte integrante della liturgia. Con la comunione ai bambini fa partecipare anche i più piccoli (addirittura a sette anni) alla completezza della messa, con un unica, semplice regola: che sappiano concepire la differenza il pane normale e il pane consacrato, il Corpo di Cristo.

Muore il 20 agosto 1914, dopo aver tentato con tutte le forze di fermare quella che sarà l'immane strage della Prima guerra mondiale, quasi prevedendo (anzi, pare senza quasi) la tragedia che ne scaturirà in termini di morti e feriti e le conseguenze che poi porteranno ad un secondo conflitto mondiale e ad altre guerre più recenti. Il cordoglio è unanime: “La storia ne farà un gran Papa, la Chiesa un gran santo”. A prevederlo è un giornale laico.

Arriva agli onori degli altari nel 1951 con la proclamazione a Beato, nel 1954 la canonizzazione. Ma già dalla sua morte, se non prima, da moltissimi è riconosciuto come un santo.